Padre Francesco deNicolas.

Da: “Menologio di pie memorie d’alcuni religiosi della compagnia di Gesù”.

Ottobre 1656 – Del Padre Francesco deNicolas.

I. Nella città di Bitetto del Regno Napoletano nella Provincia di Bari, nacque il Padre Francesco deNicolas. Essendo di anni 16 entrò nella Compagnia, e fin dal suo primo Noviziato corse a gran passi nella via della più eccelsa perfezione. Compiuto il noviziato non allentò, ma ricrebbe il suo corso in ogni genere di virtù, talmente che ammalato a morte in Napoli, mentre studiava teologia, i nostri Padri pregarono istantaneamente il Padre Rettore di farne cavare il ritratto, acciocchè viva si conservasse la memoria d’un Giovane, riputato universalmente un Santo.


II.Ma non morì per allora Francesco, conciossiache riserbavalo Iddio ad una morte più gloriosa per salute di molte anime, e per  conforto e sostegno di una città, caduta nello stato di una calamità la più luttuosa qual’è senza dubbio la pestilenza.


III.Era già sacerdote il Padre Francesco, e leggeva Filosofia nel collegio Nostro di Chieti: quando la gran peste che nel 1656 desolò la Città di Napoli, serpeggiò anche per tutte le province di quel vasto Regno, ed entrò in Chieti. Quivi il primo ad esporre in servigio dell’appestata Città la vita in aiuto dell’anime, e dei corpi di quei Cittadini, fu il padre Francesco, ch’era nel fiore di sua età giovinile, cioè d’anni 33. Da principio si trovò egli solo à dar soccorso al popolo in quell’Apostolico ministero. Ma poi il suo esempio di carità così fina mosse altri Religiosi, e Sacerdoti del Clero ad entrar con lui in quell’arringo di morte.


IV.Fra gli altri in questo si segnalarono cinque giovani, scolari del Padre Francesco, i quali a lui si unirono con un coraggio maraviglioso, e per un istinto particolare di Dio, che voleva aiutata in quella miseria quella miserabil città. Tre di questi magnanimi Giovani, morendo in quell’ossequio di carità conseguirono la corona, gli altri due non morirono.

V.Il padre Francesco intanto col suo immenso ardore in ajutar tutti, riempiè d’ammirazione tutta quella Città: mentre a guisa di facchino, scorrendo per le contrade, n’andava carico di materasse, ò sacconi per comodo dei malati, e s’accompagnava con quelli, che portavanli in sedia, ed egli stesso ne portò allo Spedale più d’uno.

VI.Usciva ancor di Città a recar soccorso à poveri contadini per la campagna. Egli intanto, come se poco patisse in vita così tribolata, si macerava il corpo con digiuni e flagelli per placare la Divina Giustizia. Tocco finalmente anch’esso, tollerò con somma pazienza una lunga agonia, la quale fu molto acerba, stante che fu cruciato nel corpo da cinque ulceri pestilenti: animando la sua pazienza con ripetere spesso: "E’ ben degno il paradiso che patiscasi qualche cosa".

VII.Morto che fu il padre Francesco deNicolas, la Città, come a suo carissimo Padre, col suono di tutte le campane a morto, gli celebrò in Duomo un solennissimo funerale accompagnato dai pianti di tutto il popolo.

Fotografia storica del Duomo, nell'aspetto barocco prima della ricostruzione esterna degli anni '30 in stile neogotico