Il bosco sacro di Angizia.

Poco lontano dalle rive dello scomparso lago del Fucino, la radura s’infittisce ed un bosco misterioso procede verso l’alto, tra rocce, cavità naturali e veri e propri inghiottitoi.


Gli antichi abitanti di queste valli riconoscevano un valore sacrale a questi luoghi e gli stessi Romani, ben comprendendone l’inclinazione, non li definirono mai genericamente “silva” ma “lucus”, perchè fosse certo anche nel nome che non si trattasse di un bosco qualunque.

Il Lucus Angitiae, conosciuto anche più semplicemente come Angizia, dal nome della Dea sorella della maga Circe, è un sito archeologico, all'epoca Bosco Sacro e Santuario, riconosciuto oggi come monumento nazionale, posto nei pressi della sponda meridionale della Conca del Fucino, vicino alla contemporanea cittadina di Luco dei Marsi in provincia dell'Aquila.


Sembra che gli abitanti (o almeno le sacerdotesse) sapessero preparare antidoti contro i veleni di serpenti.

In realtà si trattava di un'antica Dea dei serpenti, pertanto Grande Madre e Trina. Il suo nome peligno era Anaceta.

La forma Lucu si ricava dall’etnico Lucenses (abitanti di Luco) usato da Plinio.

Il nome "Angizia" del lucus deriva dalla Dea che gli abitanti adoravano, alla quale era stato edificato un tempio del quale si conosce con esattezza l'ubicazione. L'area sacra, risalente al III secolo a.c., è nota anche come Anxa, nome romano derivato dal toponimo in lingua marsa Actia (ovvero Angizia). La città santuario è sovrastata dall'acropoli di monte Penna, dove il centro fortificato venne inglobato dalla sottostante città durante il periodo delle Guerre sannitiche attraverso opere murarie che coprirono un'area di circa 30 ettari e che furono dotate di cinque porte.


Il sito è caratterizzato dalla presenza di un tempio di epoca italica situato in località Il Tesoro e di un tempio di epoca augustea. Sono visibili il muro di terrazzamento dell'area sacra di Angizia e le tracce dell'ampia recinzione muraria dell'età del ferro, i ruderi delle tre porte di accesso ai templi, le tracce del foro e del quartiere artigiano.



Molti reperti venuti alla luce casualmente o durante lavori pubblici e privati testimoniano l'importanza del sito archeologico, con statue, sculture a bassorilievo, monete ecc. ora custoditi presso il museo storico di Chieti.

Chiunque poteva varcare una radura tra le tante, una “silva”, non tutti, al contrario, potevano affrontare un “lucus”, termine che da solo bastava ad intendere che da quel medesimo istante si cessava di essere in luoghi qualsiasi per entrare di fatto nella sfera del sacro.

Gli antichi Marsi, figli di queste terre, veneravano il bosco in questione perché sacro alla principale divinità dei loro padri: la dea Angizia, divinità guaritrice, incantatrice di serpenti, sorella della più nota Circe.

Sapevano riconoscere il suo passo di danza, narra la leggenda, nei vapori sprigionati dal terreno ad alta quota, tra gli alberi.


Anche oggi, chiunque si avventuri tra gli alberi del Bosco Sacro e si trovi, d’improvviso ed in silenzio, avvolto da un vapore bianco in rapido movimento, ha davvero la sensazione che qualcosa di vivo e pulsante avvolga la natura circostante, tutti i rami e gli


Lungi da ogni fascinazione esoterica, comunque, il Bosco riserva suggestioni davvero uniche in ogni periodo dell’anno e la memoria storica di un culto, quello della dea dei serpenti, che ha profondamente influenzato queste terre per secoli, vive ancora oggi nella toponomastica e nelle tradizioni locali.

La Storia

Angizia (Anxa)


Nell'Età del ferro esisteva già un'area fortificata sviluppata su oltre 14 ettari recintati con opere poligonali che presentavano due porte d'accesso all'area. Secondo la leggenda gli abitanti erano abili preparatori di antidoti contro i veleni di serpenti e conoscitori delle erbe dei monti circostanti, a cominciare da Umbrone, che fu ucciso da Enea nella guerra fra italici e troiani, come è narrato nell'Eneide.


In età preromana il sito era occupato, come l'intero Fucino, dal popolo italico dei Marsi, per i quali costituiva un bosco sacro dedicato alla Dea. Secondo alcuni autori vi si praticava la ierodulia, cioè la prostituzione sacra nel santuario.


Certe usanze che oggi potrebbero far inorridire erano invece di grande rispetto per la donna, primo perchè per il sacro lavoro compiuto da sacerdotesse le donne, finito il tempo della ierodulia, tornavano alle loro case rispettate e onorate, si che spesso facevano matrimoni superiori al loro rango. Secondo e non meno importante non avevano l'obbligo della verginità che assillò le donne in generale fino alla metà del '900, cioè per circa 2400 anni.



Sulle rive del lago del Fucino sorgeva un'antica città chiamata Angizia (Anxa), era situata dove ore sorge il cimitero e le sue rovine sono visibili in tanti posti. La citta, preromanica, era abitata dai marsi, e i suoi abitati si opposero con forza alla dominazione e conquista dei romani. Però, dopo l'accordo con Roma gli abitanti di Angizia divennero fieri alleati dell'impero romano e si distinsero sia in battaglia ( La citta' Angizia è citata anche nell'Eneide) che in pace, essi infatti erano ottimi curatori, e pare che fossero specializzati nel curare i morsi dei serpenti. L'area ha svolto le funzioni di municipio fino all'alto medioevo.

Anche se solo con Servio (IV sec. d.c.) si fa per la prima volta riferimento ai serpenti connessi col culto della Dea, il nome Angitia riporta al termine anguis ‘serpente’ ed ogni Dea Madre ed in ogni latitudine ha il simbolo del serpente.

Esso è infatti simbolo della Terra (perchè striscia, perchè ha la tana sottoterra e perchè muta la pelle), cioè della natura, coi suoi lati di madre di nutrice e di morte.


Come Dea trina la Dea è protettrice delle nascite, degli animali, delle messi ed ha anche il carattere di divinità ctonia, sotterranea ed infera, pertanto addetta pure al culto dei morti.

Dea ANGITIA